Crollo emblematico_Simbol Benečije

È da un po’ di tempo che le Valli del Natisone si ritrovano una certa visibilità mediatica. Dico «valli» per dire territorio, paesaggio, monti boscosi, natura, ambiente incontaminato, torrenti, cascate, e chi più ne ha più ne metta nel filone naturalpaesaggistico. Se proprio si deve parlare di forme viventi animate che abitano questi luoghi ameni, le preferenze vanno alla fauna, ad iniziare dagli orsi, ma senza tralasciare cinghiali, lupi e linci, per poi scendere ai più mansueti abitanti del bosco. Quella umana – parlo di fauna – sembrerebbe un accessorio; non è certo quella che fa notizia e di cui ci si debba preoccupare. Un lampo di interesse arriva addirittura al livello mediatico nazionale quando un vecchio edificio del centro nevralgico valligiano, S. Pietro – emblema dell’involuzione o dell’evoluzione storica, a seconda del punto di vista – crolla sotto il peso degli anni e dell’inutilità odierna della sua funzione (nella foto sotto, tratta da Contea di Tribil – burnjak.blogspot.it) . Un povero, malandato, sconnesso edificio, ex cinematografo di paese, che ebbe l’onore e l’onere di dare un po’ di divertimento ai valligiani che potevano raggiungerlo dai paesi, senza dover andare a Cividale o più lontano. Sempre di più si parla, si dibatte e si scrive delle Valli come territorio ma sempre meno importanza assumono gli abitanti rimasti a presidiarlo. Non parliamo poi degli abitanti dei paesini in quota che, pochi e dispersi, han ben poca voce in capitolo. Ma anche parlando di territorio, a parte questo giornale, ad esempio nulla o ben poco si scrive del progettato scempio della valle dell’Erbezzo su cui calerebbe mortificante il tracciato dell’eletrodotto Okroglo- Udine. Non è una novità che alle valli del Natisone fosse stato assegnato un destino puramente «silvopastorale», già nel Piano urbanistico regionale del lontano 1973 e quindi siano state espropriate di ogni funzione urbanistica. Può meravigliare, dunque, che finalmente ci scorrazzino gli orsi? Se non cambieranno strada nel percorso dalla Slovenia, anche ad essi si rizzeranno i peli per il campo magnetico prodotto dell’alta tensione; ma no saranno certo loro a protestare. Se la presenza sempre più frequente del plantigrado nelle valli è particolarmente indicativa del degrado dell’ambiente antropizzato (non dobbiamo dimenticare che vi erano censiti oltre 150 paesi e paesini), non è privo di significato emblematico il crollo dell’ex cinematografo. Sono chiari segni dei tempi e preconizzano ben altri sviluppi che la comunità valligiana dovrà sopportare. Una alla volta stanno cadendo molte delle illusioni di rinascita sociale, economica, culturale della nostra comunità, laddove il «divide et impera» segna i rapporti politici al suo interno e non il buonsenso della massima coesione per salvare il salvabile. Non è solo questione di nostalgia e rimpianto ritornare a tempi neppur tanto lontani. Là dove, qualche tempo fa, i valligiani falciavano l’erba, gestivano con parsimonia i pochi boschi per far legna da ardere, coltivavano i campicelli terrazzati dispersi sulle pendici dei monti, curavano gli enormi castagni per la preziosità dei loro frutti, tracciavano ragnatele di sentieri attorno ai paesi come formiche attorno al formicaio, correggevano i percorsi dei torrenti e dei ruscelli perché non facessero danni… Là dove gli abitanti di questi monti e valli, abbarbicati morbosamente ad ogni pezzetto di terra con quel profondo senso d’appartenenza e di possesso, che legava in modo indissolubile l’uomo al suo ambiente ed alla sua storia, là, oggi, scorrazzano gli orsi. È un mondo che è crollato, che sta mutando i connotati, e che per ogni campicello o prato ricoperto da alberi o rovi, perde un tratto della propria identità costruita in oltre mille anni di piccoli contributi di uomini e donne che ne hanno plasmato la fisionomia. Che sarà di noi, sloveni delle valli del Natisone, di questo passo, se lasciamo che gli eventi ci caschino addosso come se fossero ineluttabili castighi di Dio? Non è certo lui che ci punisce, il male ce lo facciamo da soli.

Riccardo Ruttar

 

V svojim komentarju Riccardo Ruttar govori o ruševinah bivšega kina v Špetru. Po njihovem mnenju so simbol stanja Benečije.

 

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