Forza, Kobilja Glava! Resisti per tutti noi_Dajmo, Kobilja Glava. Vztrajaj, za vse nas

Non è la prima volta che mi giunge la telefonata di un amico fraterno, come lo è Marino Qualizza, che mi chiede la disponibilità per un passaggio in auto dalla sede della Fraternità sacerdotale di Udine verso i contrafforti del Kolovrat di Drenchia. Sono 35 anni che vi si reca ogni domenica per il servizio pastorale, per celebrare la Santa Messa, riaffermando così il valore religioso, culturale, civile, testimoniale della lingua, delle tradizioni slovene beneciane. Spesso, ormai unico, rappresentante di quella gloriosa categoria di vessilliferi dei valori ancestrali delle comunità slovene resistenti nelle vallate e sui monti del confine orientale provinciale udinese: i sacerdoti, i Čedarmaci, nome mutuato dall’eroico «Kaplan Martin Čedarmac», protagonista del romanzo di France Bevk. Una resistenza secolare che si sta affievolendo nel crepuscolo di una comunità che perde consistenza, che sempre più si fonde, e confonde, con quella maggioritaria che la sta soffocando.

Non era per celebrare la Messa che mi ha chiamato un paio di settimane fa. Presso l’osteria «al Kolovrat», nella frazione di Brieg/Clabuzzaro si teneva l’assemblea ordinaria del circolo «Kobilja Glava» per l’approvazione dei bilanci e per l’elezione delle cariche sociali. Mi pareva strano quanto questo piccolo avvenimento fosse di interesse di mons. Marino e l’ho capito durante il viaggio. Aveva captato i segnali di disagio e incertezza sorti in questa piccola associazione ormai ridotta al lumicino dalla progressiva riduzione delle risorse umane. Sappiamo tutti quanto si sia ridotta la popolazione del comune di Drenchia; come la relativa vitalità religiosa, culturale e sociale rimanga per lo più ancora ancorata alle tradizioni religiose; anche qui, comunque, consistente in due gruppi parrocchiali distinti: quello della Madonna Assunta di Kras/Cras e Sv. Štuoblank/S. Volfango.

L’iniziativa in occasione della celebrazione della festa dell’Assunta a Cras anche quest’anno è stata indubbiamente un successo per il numero di presenze che hanno letteralmente invaso il piazzale del sagrato, ma sul bordo della strada che porta alla sommità del colle su cui si erge la chiesa è parcheggiata una fila interminabile di auto. È un momentaneo e fugace ritorno al paese natio o magari quasi una banale gita domenicale in un ferragosto troppo bollente in pianura per la canicola. Si è distinto il circolo «Kobilja Glava» per l’organizzazione, per la gestione della festa. Eppure… Lì, nella sala dell’osteria di Brieg dove ci si era riuniti per l’assemblea si respirava un’aria di incertezza e di attesa, quasi di sconforto. Nessun problema per l’approvazione dei bilanci: i conti a posto e niente debiti, anzi, un consistente attivo. Ma i programmi? La prosecuzione delle attività? Il nodo gordiano si poneva subito, al momento della scelta di una nuova presidenza e del direttivo.

Chi si era presa l’incombenza fino ad ora, rimetteva il mandato e non garantiva più la propria disponibilità a tale funzione. Non era una situazione semplice, e lo confermava proprio la presenza di mons. Marino che comunque sperava in una soluzione positiva. Aveva sondato con me le possibilità, addirittura proponendo la mia candidatura, che, ovviamente, non ero in grado di accettare per diversi motivi personali e non. Così l’associazione «Kobilja Glava », che non trovando qualcuno disposto ad assumersi la presidenza, ormai discute della propria chiusura per mancanza di candidati che se ne prendano carico. Inutile sembra poter contare su un possibile aiuto da parte comunale. Si riferisce infatti di cecità e sordità dell’amministrazione comunale, di mancanza di una qualsiasi progettazione che non sia la banale gestione del presente come pura sopravvivenza, e chi guarda alle prospettive di questo piccolo mondo in decomposizione vi vede un destino ferale.

Quante altre associazioni interne al comune sviluppano iniziative culturali? Che azioni e progetti vi nascono per almeno mantenere una qualche vivacità sociale in una comunità così dispersa sul territorio? Cosa rimarrebbe anche solamente sul piano economico, turistico e sociale, se si abbandonasse al proprio destino anche le piccole realtà come l’osteria «al Kolovrat» e il rifugio «Solarje»? Dove, come, la piccola comunità locale si può permettere un locale di aggregazione se si escludono le chiese? Quale iniziativa vuole mettere in atto un Comune così ridotto al lumicino se non dà risorse ed assistenza a quel poco che ancora resiste? Non bastano certo la sagra della «Rožinca», dell’Assunta o la commemorazione annuale dei defunti per scongiurare l’eutanasia.

Non è colpa dei soci del circolo la situazione in cui lo stesso si trova. Quanti peccati di omissione e quante omissioni volutamente perpetrate si sono assommate nel tempo nei confronti delle popolazioni come la nostra sul confine orientale?

Quanti pensieri, parole, opere e soprattutto omissioni – per citare un atto di pentimento della Messa – dimenticanze, rifiuti, tergiversazioni hanno portato la Slavia nelle condizioni in cui si trova oggi, depauperata delle proprie forze vitali?

Ha ragione il sindaco di Pulfero a perorare una causa, a formulare una proposta che, sebbene possa sembrare donchisciottesca, ha una ragione quanto mai attuale ed improrogabile: un reddito di spopolamento, un qualche provvedimento concreto che rivitalizzi non una, ma cento Kobilje Glave.

Riccardo Ruttar

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