Se fin dai tempi preistorici la valle del Natisone costituiva una via di transito dalle pianure padane per raggiungere, oltrepassando le Alpi, l’alto bacino danubiano, possiamo anche immaginare l’importanza dell’imbocco obbligato di questo percorso ad iniziare dallo stretto passaggio che si insinua tra il Matajur e il monte Mia. In questo luogo strategico si trovava Pulfero / Podbuniesac. A chiusura dell’ampia valle di san Pietro / Špietar, agli estremi delle terrazze sulle rive dove sorgono Cicigolis / Ščigla, Brischis / Brišča e lo stesso capoluogo, la valle si restringe progressivamente tanto che, dopo lo slargo di Loch / Log, rimane ben poco spazio alla strada, la quale in alcuni punti deve scavarsi il percorso nel ripido fianco della montagna. Un posto ideale questo collo di bottiglia per metterci un posto di controllo e di guardia. Così infatti avvenne nel corso dei secoli passati e i resti del confine di Stupizza ne indicano la recentissima storia.
Ce lo dice il nome stesso. Secondo il nostro maggior esperto in toponomastica, Božo Zuanella, infatti, il nome di Pulfero deriva dal sostantivo tedesco “Puffer”, «un termine usato in ambito ferroviario per indicare tampone, paracolpi, respingente. Anticamente designava una stanga, una barriera e nel nostro caso specifico è diventato sinonimo di confine, di posto di blocco, di dogana». Questo nome non ha nulla a che vedere con lo sloveno Podbuniesac, che implicitamente si riferisce ad un Boniesac, il nome di un quanlcosa che sta più in alto. Esempi ce n’è a iosa, basti citare Pod – Utana, sotto – Altana. Risale a 5 secoli fa un richiamo al Pufaro di Guardia e al 1625 un riferimento a un certo Manzin de Bonisaz, quindi si può pensare che i due nomi abbiano viaggiato in parallelo a seconda del riferimento sloveno locale o a quello esterno.
«Pulfero (Pùlfar, in sl. Podbuniesaz, m.184), è una borgata assai piccola, che però si presenta bene — scriveva Ivan Trinko nella Giuida delle Prealpi Giulie di O. Marinelli nel 1912 —, con case pulite, aggruppate intorno alla strada nazionale e strette fra il ponte e il Natisone. Vi sono tre alberghi: All’Angelo (Pussini Gius.), Alla Frasca (Birtig Val.), ed Al Leon d’oro (Pausa Luigia ved. Manzini) e due modesti negozi di Birtig Val. e Giov. Qualizza. Presso quest’ultimo c’è modo di poter riparare le biciclette, motocicli, ecc. La sede municipale con unitevi scuole è di recente costruzione e serve di abellimento al paese. Pulfero ha una certa importanza per la sua felice ubicazione; ha dato il nome lla strada nazionale che si chiama appunto la strada del Pulfero. Sotto la Repubblica veneta c’era la dogana».
Per inciso, faccio notare io, a questo punto l’autore aggiunge una nota di colore, che richiama a tempi non tanto remoti, quando si stavano decidendo sul piano europeo le sorti dell’ex Regno Lombardo-veneto, alla fine della terza guerra d’indipendenza italiana. Non fosse stato per la battaglia di Sadowa, gli austriaci non li avrebbe cacciati nessuno dalle nostre zone, tanto più che ben poco ha potuto contro di loro l’esercito sabaudo, sconfitto per terra, a Custoza, e per mare, a Lissa, nell’estate del 1866. In questo contesto va detto che i Beneciani non stavano solo a guardare nella lotta antiaustriaca; da che parte stessero lo avevano già dimostrato nel 1848 con le armi in pugno sulle pendici del San Martino sopra Grimacco.
Ivan Trinko prosegue nella nota in calce: «Per la storia contemporanea si può ricordare il fatto che in un fienile presso il Pulfero si conservarono dal 1864 al 1866, a cura dell’ing. G. Manzini e del segretario di Rodda A. Crucil, 180 fucili e 2000 cartucce del comitato insurrezionale». Il 21 e il 22 ottobre dello stesso anno, fu celebrato il famoso Plebiscito che avrebbe asssegnato al regno d’Italia i territori dell’ormai defunta repubblica di Venezia, sebbene, come confermano i documenti, già tre giorni prima di quell’atto formale fosse stata firmata a Venezia la cessione formale all’Italia del Veneto da parte del plenipotenziario francese generale Leboeuf.
Il fatto citato dimostra che ancora una volta Pulfero avrebbe svolto una concreta funzione di presidio sulla strada dall’Austria all’Italia. E’ ancora Trinko che scrive: «E’ un punto di grande passaggio dall’Italia all’Austria e viceversa ed è la prima tappa per gli Austriaci che scendono da Caporeto e dintorni. Specialmente grande è il numero di carri stracarichi di ottime legna da fuoco, che vengono d’oltre il confine ed amano fermarsi a Pulfero per riposare. C’è lo scambio della posta internazionale con le diligenze postali Pulfero-S. Pietro-Cividale da una parte, Pulfero-Ròbic-Caporetto dall’altra. Inoltre, grazie al ponte in legno sul Natisone fanno ivi capo la strada carreggiabile Specogna-Cicigolis ed i sentieri dei vari paesi del comune di Tarcetta. (…) A tre km circa da Stùpiza il confine politico discende dal Mia, taglia la strada e sale alla vetta del Matajur. Sulla strada c’è il posto di guardia della nostra finanza. Il passaggio con rotabili da uno stato all’altro è impedito di notte con una enorma catena, che si tende attraverso la strada».
Purtroppo il tempo trascorso da allora non ha traasformato la località da luogo di passaggio a centro stanziale; ben poco si è sviluppato il paese oltre il timido tentativo costituito dalle case popolari sorte nella piana dietro al vecchio abitato.
Un’abitante del luogo, osservava con una certa amarezza che, spente le luci dell’albergo, quelle del negozio di fronte, della scuola, dell’ufficio postale e del municipio, il borgo appare spettrale dalla strada. Sebbene sia sede degli uffici comunali, e dei principali servizi civici, non ne vivificano l’immagine neppure i numerosi locali pubblici, che sopperiscono alla scomparsa quasi totale degli stessi nei numerosi paesi dispersi sui monti. Non ha saputo, assieme agli altri paesi di fondovalle, far argine almeno parziale alla dispersione del grande potenziale umano che, una volta caratterizzava questo estremo lembo di confine.